venerdì 8 ottobre 2010

Due sfide epocali

Franco Frabboni

Premessa

All’alba di questo secolo al debutto, il vecchio Continente ha sciolto al vento le proprie campane - a Lisbona e a Bruxelles - per richiamare l’attenzione sulla forza emancipatrice della Conoscenza e della Formazione. I rintocchi avvertono che queste sono “risorse” economiche, sociali e culturali da arricchire e da preservare lungo l’intero arco della vita se si vuole espugnare l’orizzonte esistenziale intitolato a una Persona dalla mente plurale e dal cuore solidale.
Nell’anno di debutto del terzo Millennio, l’Unione europea - prima nella capitale portoghese (Report, La società della conoscenza), poi nella capitale belga (Report, La formazione permanente) - ha alzato verso il cielo del Ventunesimo secolo due Mongolfiere: l’una, in volo verso l’Orsa/ maggiore della Conoscenza; l’altra, in volo verso l’Orsa/minore della Formazione. Con la consegna, ai quindici Paesi dell’Unione, di darsi teneramente la mano nel girotondo lassù nella volta celeste del vecchio Continente.
Dunque, il Duemila guarda con il naso all’insù due astronavi sulla cui scia di coda stanno scritte al maiuscolo una promessa e una profezia.
La promessa. Intendono indicare al Pianeta la strada maestra che porta al traguardo dello sviluppo economico, sociale e umano sia nell’emisfero boreale (i Paesi del benessere), sia nell’emisfero australe (i Paesi della povertà).
La profezia. Intendono indicare al Pianeta la strada maestra che porta all’avvento di un mondo/nuovo: più giusto, più alfabetizzato, più solidale, più pacifico. Possibile, a patto di investire senza risparmio - nel sud come nel nord della Terra - su un’istruzione alla portata di tutti: diffusa e di lunga durata.

Sfogliamo alcune luminose pagine dei Report continentali.
IL DOCUMENTO DI LISBONA. - Il primo Report/2000 recita questa liturgica preghiera: assicurare ali larghe e democratiche alla Conoscenza di cui tanto necessita il mondo contemporaneo. In proposito, dichiara a voce alta un sì e un no.
Il sì dà volo e cielo alla Mongolfiera che sale verso l’alto dando vento alla bandiera culturale della testa-ben-fatta: dotata di mente/plurale, di libertà di pensiero, di originalità intellettuale, di logiche di confutazione e di dissenso.
Il no blocca a terra, senza vita, la Mongolfiera che espone la bandiera inerme della testa/piena di informazioni, di schegge cognitive: capace soltanto di conformismo intellettuale, di consenso e di signorsì.
IL DOCUMENTO DI BRUXELLES. - Il secondo Report/2000 recita questa liturgica preghiera: assicurare occhi grandi e profondi alla Formazione. Traguardo possibile allargando il suo compasso culturale anche alla stagione post-scolastica: adulta e senile. Come dire, nella capitale belga si convalida il primato formativo delle teste-ben-fatte e si auspica che il suo orologio possa rintoccare lungo tutte le stagioni della vita.

Di più. Il Report di Bruxelles ha il merito di chiamare sul banco degli imputati i sistemi scolastici europei nozionistici ed enciclopedici, colpevoli di licenziare teste-piene di pillole cognitive del tutto
inidonee a formulare ipotesi, congetture, sistemi interpretativi.
Dunque, il Ventunesimo secolo inaugura i primi cent’anni del terzo Millennio gridando al cielo due sfide epocali: la Conoscenza e la Formazione.
Il suo urlo di Munch è rivolto a queste due stelle comete: con il compito di avvolgere di luce la strada della speranza. Cioè a dire, l’utopia esistenziale di un Pianeta popolato sia nell’emisfero boreale (ricco), sia nell’emisfero australe (povero) di un’umanità libera di testimoniare la propria energia creativa, la propria disponibilità socio-affettiva, la propria opzione morale, la propria sensibilità estetica, la propria utopia valoriale.

I. LA CONOSCENZA
MOTORE DI SVILUPPO
E DI PROGRESSO

1. Risorsa economica e sociale
STELLA COMETA NUMERO/1. - La prima sfida epocale è gridata dalla Conoscenza e lanciata a difesa dello sviluppo e del progresso dell’umanità. E’ un’impresa possibile. A patto sia che combatta le teste/piene di saperi assiomatici e di certezze acritiche, sia che nobiliti le teste-ben-fatte popolate di pensiero plurale e di intelligenze critiche.
Il Ventunesimo secolo dà dunque microfono e voce a una parola al maiuscolo: la Conoscenza. Questo lemma planetario riceve a Lisbona un festoso battesimo (Report, La società della conoscenza/2000) quando l’Unione europea lo consacra a stella cometa di una società tre volte post: post-industriale, post-ideologica, post-moderna.
In altre parole. All’alba del terzo Millennio si possono leggere ben visibili questi auspici: benvenuti in un Pianeta che sarà più giusto, più alfabetizzato, più solidale e più pacificato. Finalità possibile investendo, senza risparmio, su una Conoscenza alla portata di tutti e diffusa sia nell’emisfero boreale, sia nell’emisfero australe.
Secondo il Documento della capitale lusitana i motori di sviluppo del Pianeta non saranno più l’Acciaio e il Petrolio (inidonei a ridurre la forbice della qualità della vita nord/sud del Pianeta), ma il turbo della Conoscenza. Un traguardo culturale - questo - non solo di sviluppo, ma soprattutto di progresso dell’umanità.
LA CONOSCENZA CONTO IN BANCA. - In particolare, i tamburi portoghesi auspicano una Scuola in grado di elevare la Conoscenza a conto-in-banca a disposizione per le donne e gli uomini di questa stagione storica.
E’ un capitale economico perché l’affidabilità e la competitività del sistema produttivo di un Paese dipendono sempre di più dai suoi saperi alla portata di tutti e dalla sua acculturazione di massa.
E’ un capitale sociale perché la Conoscenza concorre alla costruzione di una Persona equipaggiata di valori/civili: la coscienza democratica, la cittadinanza attiva, la coesione sociale. Questi, appaiono fondamentali per costruire un mondo solidale, giusto, civile.
Questo, il grido d’allarme del Report lusitano. La tenuta di un sistema democratico, la qualità della vita e dei valori di una comunità nazionale, la capacità competitiva di una nazione quanto a sistema economico dipendono dall’investimento e dallo stock di Conoscenza di cui dispone il proprio capitale umano: il singolo/cittadino. Di qui l’importanza strategica che questa assume nella stagione di debutto del Terzo millennio.
Se il Pianeta non investirà urgentemente in Conoscenza, rinunciando al sogno di una nuova umanità, rischierà di allargare la forbice tra mondo colto e mondo incolto, tra inclusi ed esclusi, tra giovani e vecchi, tra maschi e femmine .

2. Una carta europea della scuola
CRESCE LA DISPERSIONE INTELLETTUALE. - Da due lustri, ha preso velocità nel vecchio Continente la scommessa/Scuola. Con il conseguente sorgere di cantieri intitolati all’innovazione organizzativa e all’ammodernamento curricolare dei singoli sistemi di istruzione. Il tutto a partire da architetture istituzionali che - pur nella loro “diversità” - sono chiamate a dare una risposta comunitaria congiunta (unica assente l’Italia: per colpa di una Destra al governo sorda ai richiami dell’Unione) alle domande pressanti del mondo del lavoro (la Formazione é un’ineludibile risorsa economica e sociale) e del mondo dell’educazione (la Formazione è un’ineludibile risorsa culturale e umana).
A partire da questo duplice pronunciamento, l’Europa assegna alla Scuola di domani il compito di raffreddare le preoccupanti cifre di “illitteratismo” che stanno erodendo il capitale culturale degli studenti dopo qualche anno dall’uscita della Secondaria: parliamo della dispersione intellettuale generata da un insegnamento nozionistico e ripetitivo. L’apprendimento conseguentemente va in tilt, provocando una sorta di sordità cognitiva nei confronti delle forme superiori della conoscenza. Come dire, il capitale cognitivo resta largamente riproduttivo (alimentato da dispositivi mnemonici, automatici e ripetitivi della mente) e non matura quanto a produttività e a creatività (alimentato da dispositivi euristici della mente: di analisi, di sintesi, di intuizione e di creatività).
Questa, la raccomandazione del vecchio Continente in materia di istruzione scolastica: i ventisette Paesi dell’Unione sono sollecitamente chiamati a redigere una Carta europea della Scuola - con l’impegno di renderla duratura nel tempo - che ponga al centro due indifferibili finalità formative: il diritto all’istruzione e alla cultura.
In altre parole. Gli schieramenti politici del vecchia Europa sono invitati a tenere in vita un limbo di finalità formative comuni - metapolitiche: inamovibili da qualsiasi maggioranza parlamentare - poste al di sopra delle nuvole, al riparo dalle instabilità legislative. Alludiamo a quella zona-franca europea alla quale va delegato il compito di non abbassare mai la guardia dalla frontiera universale dell’educazione: la formazione di un Persona dall’etica solidaristica (socialmente non/competitiva) e dal pensiero plurale (intellettualmente non/conformista).
L’ANOMALIA ITALIA. - Si è detto. L’eccezione e l’anomalia abitano nel nostro Paese che appare sordo al richiamo di far parte di questa auspicata zona-franca europea. Da un decennio, la Destra al governo costringe la Scuola italiana a remare in direzione opposta. La sua visione aziendalistica, la sua opzione per un’istruzione meritocratica e competitiva (selettiva e conflittuale), la sua simpatia per l’incultura Mediatica e per il fai-da-te lungo i comparti scolastici ci collocano non solo contromano, ma soprattutto fuori dai processi in atto di innovazione e modernizzazione dei sistemi di istruzione del vecchio Continente. Al punto, che l’Unione sta mettendo il nostro sistema scolastico in castigo, dietro-la-lavagna. Il tappo è saltato nell’ultimo biennio, in occasione dell’impietoso uso delle forbici da parte del ministro Gelmini sul corpo vitale del nostro sistema di istruzione: sull’organico dei docenti, sulle sedi scolastiche, sul monte orario, sui servizi bus/mensa e sulle apparecchiature didattiche. Una barbara sottrazione di risorse alla Scuola - proprio mentre i Paesi continentali stanno investendo sull’istruzione! - che ha aperto una voragine disastrosa sul fronte della dispersione materiale e intellettuale nel Bel Paese.


3. L’educazione al duemila:
combatti l’incultura mediatica

L’URLO LUSITANO DI MUNCH. - Il Report portoghese invita il vecchio Continente a non cibarsi delle pasticche cognitive messe in vendita nelle drogherie televisive. A non subire la loro invasione barbarica e la conseguente intossicazione cognitiva. A non scambiare mai per Cultura i quiz coniati su un’intelligenza binaria: sì o no. Liquidabili con banali crocette, funzionali a conoscenze che chiedono - a occhi chiusi - ascolto, silenzio, immobilità. Una Scuola tutta-nel-banco premia l’utenza che fa/coccodé (piena di signorsì e di certezze) e condanna l’utenza che pone dei/perché (piena di dubbi e di domande). Proprio perché incolonna gli allievi - con la testa all’in/giù - in un villaggio della conoscenza che entra nella mente per vie subcorticali: impedendo, a chi lo popola, di potere mettere in campo i dispositivi cognitivi idonei a controllare e a dare direzione razionale all’enorme flusso di informazione mediatica che manomette - ora dopo ora - l’orologio della vita intellettuale ed emotiva. Siamo all’incultura/tv (istantanea e istantaneamente dimenticata) che intenzionalmente annulla l’intercapedine - lo scarto - tra ciò che un sapere/è e ciò che si può immaginare e confutare di quel/sapere.
L’ho comunicato (imposto) in video: quindi, è un sapere-verità.

II.
LA FORMAZIONE
LUNGO LE STAGIONI DELLA VITA

1. L’analfabetismo di ritorno
STELLA COMETA NUMERO/2. - La seconda sfida epocale è gridata dalla Formazione e lanciata a difesa dell’educazione permanente. E’ un’impresa possibile. A patto che sappia inoltrarsi lungo i sentieri/longitudinali delle stagioni della vita, consacrando a stella cometa una lifelong education che attraversi le stagioni post-scolastiche: adulta e anziana.
Lasciamo nella penombra il Documento di Lisbona per dare microfono e voce al messaggio pedagogico che il Report di Bruxelles invia alle frontiere della Formazione lungo l’arco della vita (la Lifelong education). La bandiera al vento della Formazione permanente porta scritto a lettere cubitali che tutte le età generazionali (infanzia, adolescenza, giovinezza, età adulta e senile) devono potere godere di una alfabetizzazione di base - accumulata in una Scuola disseminata di stimoli intellettuali e di pluralismo culturale - capace successivamente di assicurare a tutti i cittadini una navigazione sicura lungo le stagioni della vita.
Ma le cose non stanno così. L’avviso di garanzia spedito ai sistemi di istruzione continentali porta scritto questa imputazione: sono macchine-del-vuoto che trasmettono saperi che invecchiano e muoiono rapidamente: tanto da lasciare via-libera al mostro dell’analfabetismo di ritorno. Cioè a dire, alla perdita della padronanza del leggere e dello scrivere: senza la quale non si può salire al piano delle metaconoscenze dove dimora la duplice competenza del sapere riflettere sui saperi accumulati e del sapere imparare autonomamente.
Dunque, la Scuola non sembra in grado di assicurare competenze culturali capaci di automanutenzione. Nel senso che l’istruzione-da-banco non dispone di una lunga durata: non sembra in grado di prendere posto sia nell’età adulta, sia nell’età senile.

I SAPERI CUCINATI IN CLASSE SI SFARINANO. - Quali le cause della precoce dissoluzione del patrimonio cognitivo della Scuola? Risposta. L’elevata evaporazione delle conoscenze che si verifica dopo qualche anno dall’uscita dal sistema di istruzione. Un olocausto cognitivo che chiama sul banco degli imputati per l’appunto la Scuola. Colpevole del rapido svuotamento delle scatole-nere delle giovani generazioni. Questa, l’incriminazione. Trasmette una cultura in/pillole che invecchia rapidamente. Le conoscenze che pone sui banchi della classe - cucinate prevalentemente nel forno della lezione del docente - soffrono di una scarsa conservazione temporale, di uno sfarinamento precoce, di una inarrestabile dissoluzione cognitiva.
Questa, la pagella piena di brutti voti che il Report di Bruxelles invia ai quindici Paesi dell’Unione Europea. La Scuola selettiva e nozionistica del Novecento non ha saputo cucinare quei cibi cognitivi “superiori” - di analisi e di sintesi, di induzione e di deduzione, endogeni ed esogeni - ineludibili per alimentare la macchina del pensiero non solo di accumuli nozionistici, ma anche di strutture metacognitive: capaci di maturare durature capacità logiche, euristiche e generative del pensiero.

2. La Lifelong education
L’ASSE LONGITUDINALE DELLA FORMAZIONE. - Si è detto. Il capitale di Formazione di cui dovrà disporre l’umanità del Ventunesimo secolo costituisce una risorsa umana ed educativa (oltre che economica e sociale) alla quale nessun Paese può rinunciare. Traguardo perseguibile a patto che sul tetto più alto dell’Unione europea sventoli la bandiera della Formazione lungo le stagioni della vita.
Il Report di Bruxelles/2000 sull’Istruzione e l’educazione permanente (coordinatore Oliver Brunet) apre le sue pagine ricordando che la mission della Formazione è di condurre la Conoscenza e la Cultura in mondi nuovi: abitati da donne e da uomini colti, consapevoli e solidali.
Conquista impossibile - questa - se si allungherà l’ombra sinistra del neoanalfabetismo di ritorno di cui è colpevole un sistema di istruzione incapace di assicurare saperi non-nozionistici, non-riproduttivi, non-spendibili immediatamente dagli allievi.
In questa stagione d’inizio Millennio - culturalmente frenata da un Mediatico impietosamente omologante - la Formazione permanente dovrà ergersi da ultima trincea a difesa della mente/plurale. Un’impresa possibile se saprà garantire all’intera sua utenza un’istruzione (complessuale e trasversale) fondata sull’imparare a imparare.
Il capitale di Conoscenze da porre nello zaino dell’umanità che abiterà il Duemila costituisce una risorsa umana ed educativa (oltre che economica e sociale) alla quale nessun Paese può rinunciare. Traguardo perseguibile a patto che sul tetto più alto dell’Unione europea sventoli al cielo la bandiera della Formazione lungo l’intero arco della vita.
Soltanto questo asse/longitudinale della Formazione può essere abilitato a fornire alla donna e all’uomo il bagaglio di Conoscenze ineludibili, domani, sia per esercitare i propri diritti/doveri di professionalità e di cittadinanza, sia per testimoniare e per difendere i valori universali della dignità e del rispetto delle Persona.

UN’INECCEPIBILE COMUNICAZIONE GIUDIZIARIA. - La Formazione permanente porta scritto a lettere cubitali sul suo portone d’ingresso che tutte le età generazionali (infanzia, adolescenza, giovinezza, età adulta e senile) devono potere godere di una alfabetizzazione di base (accumulata in una Scuola e in un’Extrascuola ricche di stimoli intellettuali e di pluralismo culturale) in grado di garantire - a tutti i cittadini - una navigazione sicura lungo le rotte dell’istruzione per tutta la vita. Questa, l’idea pedagogica. Il capitale di Conoscenze della donna e dell’uomo che abiteranno il Ventunesimo secolo costituisce una “risorsa” umana ed educativa (oltre che economica e sociale) alla quale nessun Paese può rinunciare. Traguardo possibile - questo - se sul tetto più alto dell’Unione sventolerà la bandiera della Lifelong education. Soltanto questa può essere abilitata a mettere a disposizione - di chi popolerà il Duemila - le Conoscenze necessarie sia per esercitare i propri diritti/doveri di cittadinanza, sia per azzardare le affascinanti frontiere del postumano. Soltanto percorrendo questo asse formativo la Conoscenza potrà farsi capitale sociale, palestra di democrazia sociale e officina di coesione sociale.
Per conquistare questa frontiera della Formazione, la Lifelong education ha il dovere - in quanto giudice imparziale - di inviare una comunicazione giudiziaria ai sistemi di istruzione europei più conservatori e tradizionalisti. La loro Scuola non sembra in grado di assicurare - è il capo di accusa - competenze culturali capaci di automanutenzione. Come dire. L’istruzione scolastica non dispone di una lunga durata: sia nell’età adulta, sia nell’età senile. La causa? L’elevata perdita dei “saperi” (evaporazione delle conoscenze) che si verifica dopo qualche anno dall’uscita dal sistema scolastico. Per questo olocausto delle conoscenze chiamiamo sul banco degli imputati la responsabile numero/1 dell’odierno neoanalfabetismo: la Scuola. Questa, ha una cartella clinica tutta occidentale. Le ricerche più accreditate informano quanto sia preoccupante il suo male oscuro. Si tratta del virus inedito - che porta anche il nome di “illitteralismo” - che sta ospedalizzando l’emisfero boreale dalla scolarizzazione diffusa. Siamo all’addio precoce - da parte delle nuove generazioni - della competenza del leggere (come capacità di comprendere e descrivere un testo scritto) e dello scrivere (come capacità di trasferire in cartaceo o in elettronico i propri pensieri e i propri sentimenti).
Dunque, sul banco degli imputati va chiamata la Scuola nozionistica e mnemonica (tutta-nel-banco) colpevole di dispersione intellettuale. Questa, l’incriminazione. Da sempre trasmette conoscenze che invecchiano rapidamente. I saperi che pone sul banco (cucinati prevalentemente nel forno della lezione-manuale-computer) soffrono di uno sfarinamento che conduce alla rapida perdita dei saperi accumulati negli anni di reclusione dentro le pareti delle classi.
In sintesi. Non solo è radicata e diffusa, ma sta espandendosi (per via della sottrazione di risorse all’istruzione da parte delle Destre continentali: la nostra, in prima fila!) una Scuola enciclopedica indisponibile ad arricchire il proprio menù di piatti capaci di nutrire menti/plurali. Tanto che i saperi erogati soffrono di una limitata conservazione temporale e di una rapida dissoluzione cognitiva. Come dire. Le politiche continentali che non investono sull’istruzione non possono cucinare quei cibi cognitivi superiori (di analisi e di sintesi, di induzione e di deduzione, endogeni ed esogeni) ineludibili per alimentare la macchina del pensiero non solo di saperi riproduttivi, ma anche di strutture metacognitive: capaci di sviluppare le capacità logiche, operative, euristiche e generative del pensiero.


3. L’educazione al duemila:
alfabetizza i mondi della povertà
L’ARLECCHINO INTERCONTINENTALE. - Il copioso scaffale della letteratura pedagogica di cui disponiamo intitola la Persona quale punto di approdo della progettazione esistenziale della donna e dell’uomo. Attenzione però. La metafora al “singolare” della Persona è da noi assunta come un simbolo che allude al suo “plurale”: le Persone. Queste, attestano una presenza storica, una pluralità antropologica. E’ l’infinito arcipelago identitario dei soggetti/Persona che abitano il nostro Pianeta a farsi paradigma dell’essere-nel-mondo dell’umanità. Una sorta di Arlecchino intercontinentale testimone di un acquerello di colori: di un mosaico “diversità”. Elenchiamo la sua fenomenologia.
Le differenze di genere, legate alla specificità dell’essere-donna e dell’essere-uomo: sono “diversità” che attendono ancora di essere liberate da stereotipi e pre¬giudizi per ricevere un pieno riconoscimento identitario. Le differenze sociali, generano deprivazione, svantaggio, povertà. Creano disuguaglianze perché negano a individui e a gruppi parità nell’accesso ai fondamentali diritti umani e civili.
Le differenze culturali - etniche e linguistiche - rendono ogni in¬dividuo irripetibile nel suo particolare stile cognitivo, nei modi di in¬teragire con gli altri e con l’ambiente, nell’esprimere proprie sensa¬zioni, emozioni e sentimenti.
Le differenze biofisiologiche - se producono deficit, ipodotazione, disabilità - molto spesso portano nel tunnel della discri¬minazione e della marginalizzazione.
A SUD DELLE COLONNE D’ERCOLE. - A partire dalla fenomenologia della “differenza”, la Pedagogia avverte oggi una crescente e preoccupante anoressia epistemica. Le sue accreditate teorie dell’educazione pongono sì al centro la progettazione della Persona, ma soltanto la donna e l’uomo che abitano le latitudini occidentali del Pianeta. Tendenzialmente, è la Pedagogia che ha nutrito le scienze dell’educazione delle contrade/boreali (a nord dell’Equatore) a redigere la carta d’identità teorica della Persona. Questa, espone inconfondibili segni di riconoscimento: è bianca-ricca-alfabetizzata. Mai le teorie educative - che conosciamo - hanno posto nel proprio mirino l’umanità dell’altra/metà del mondo: nera-povera-analfabeta.
Tutto questo sta generando allarme nella nostra comunità scientifica, consapevole che la Pedagogia si trova al debutto del duemila di fronte ad un “bivio”. E’ chiamata a scegliere - con gli occhi aperti - tra due sentieri identitari quale teoria e prassi dell’educazione.
Primo/sentiero. - E’ quello di sempre. La strada che ha di fronte è quella abituale: asfaltata di romanticismo apollineo e di etnocentrismo ariano. In una stagione storico/sociale complessa, multiculturale, in-trasformazione questo sentiero si presenta senza vie d’uscita. Se dovesse proseguire per le sue abituali frontiere boreali, la Pedagogia/bianca si trasformerebbe in un soprammobile, in un pezzo d’antiquariato. In vendita nei mercatini dell’usato. Oppure da cestinare.
Secondo/sentiero. - E’ del tutto inedito. E’ un new deal della riflessione e della progettazione educativa, chiamato ad inerpicarsi lungo le sconosciute pendici che conducono verso una scienza/nuova. Lassù, se dotata di un telescopio capace di inquadrare l’intera umanità, potrebbe godere anche di un guardaroba/scout: fornito degli abiti da sera necessari per esplorare, per conoscere, per scoprire - e danzare - su frontiere/altre dell’educazione. E abitare luoghi-di-cura delle Persone dove la Pedagogia occidentale mai ha messo il nido.

UNA PEDAGOGIA DALLE ALI PLANETARIE. - Di fronte a questo“bivio”, la Pedagogia dei nostri archivi occidentali non può chiedere neppure un minuto di sospensione. Non può pretendere tregue. Il tempo per lei è scaduto. Con solerzia e coraggio, non le resta che porsi sulle spalle grandi ali intercontinentali con le quali avventurarsi verso latitudini lontane: dove potrà incontrere altre teorie e altre prassi educative, dal compasso più largo o più stretto, capaci o meno di fornirle uno sguardo che trascenda i suoi tradizionali confini delle colonne d’Ercole. Dunque, un lungo attraversamento epistemologico. Un viaggio pieno di incertezze ermeneutiche per incontrare un mondo/altro dell’educazione che le chiederà di coprirsi di un’altra pelle epistemologica, necessaria per comprendere un’umanità a lei sconosciuta.
Tutto questo porta a concludere che la Pedagogia intercontinentale potrà rifondare il proprio patrimonio genetico a patto di disporre di più calamite ermeneutiche. Almeno tre.
La prima calamita si chiama contaminazione culturale (è la spinta epistemica per andare/oltre i confini etnici); la seconda calamita si chiama rispecchiamento dei meticciati (è la tensione ermeneutica per farsi illuminare da più pelli antropologiche); la terza calamita si chiama ibridazioni epistemiche (è l’amore coraggioso per i tramonti dei dogmatismi, dei fondamentalismi e delle metafisiche).